Varie strutture bibliotecarie di Trento conservano frammenti di manoscritti medievali
e alcuni di essi si segnalano per peculiarità grafi che e/o testuali. Il contributo
esamina due lacerti, entrambi conservati presso la Biblioteca comunale. Il primo –
databile al sec. VIII ex. – conserva stralci della Glosa psalmorum ex traditione seniorum,
commento al salterio di ignota paternità, dalla rarefatta tradizione manoscritta.
L’originario testimone può forse ricondursi a uno scriptorium bavarese. Il secondo
frammento – rappresentato da un bifoglio – veicola escerti di opere canonistiche,
e precisamente i canoni 16-19 del Concilio niceno primo e gli statuti [9]-25 degli
Statuta ecclesiae antiqua. Esso può datarsi al tardo sec. IX e forse è stato vergato in
un’offi cina dell’Italia nord-orientale.
Many fragments from medieval manuscripts are preserved in the libraries of
Trent and some of them are very interesting for their palaeographical or/and textual
characteristics. The essay takes into exam two of these manuscripts, both from the
Biblioteca comunale. One, dating from the VIII th ex. century, contains few lines of the Glosa psalmorum ex traditione seniorum, an ancient, anonymous commentary
on the salterium whose manuscript tradition is very poor. This manuscript may have
been produced in a bavarian scriptorium. The other, a bifolium, preserves canonical
texts (the canons 16-19 of the Council of Nicea I and the statutes [9]-25 of the text
entitled Statuta ecclesiae antiqua), and may have been written in the IXth century in
a scriptorium of east-northern Italy.
Dopo uno sguardo generale alle fasi del monachesimo toscano medievale, gli
autori concentrano la loro attenzione su quei monasteri benedettini della diocesi di
Pisa rimasti indipendenti fi no al XIII secolo. Si trattava di dodici monasteri, di cui
quattro femminili, su un totale di venti, sorti durante quella vera e propria esplosione
monastica che caratterizzò la Toscana (e non solo) dall’ultimo trentennio del X secolo
fi no al primo quarto del XII. La maggior parte dei cenobi maschili scomparve tra
il XIV e il XV secolo: il passaggio ad altri ordini garantì la sopravvivenza solo di due
di essi. Maggiore longevità caratterizzò i monasteri femminili, dipendenti dall’ordinario
diocesano e con forti legami con la famiglia fondatrice, tanto che due di essi
raggiunsero addirittura gli inizi del XIX secolo. Il quadro qui delineato s’inserisce
nella tendenza generale del monachesimo benedettino italiano, in cui l’autonomia
non solo non garantì il successo ma portò ad un progressivo depauperamento degli
enti monastici.
After they considered the general development of the Tuscan monasticism, the
authors focus their attention on twelve Benedictine abbeys (four of them were nunneries)
of the diocese of Pisa, which were independent until the XIII century. They
were established during the big monastic explosion, which took place, not only in
Tuscany but generally in Italy, since the last three decades of the X century until the
fi rst quarter of the XII. Most of these monasteries disappeared within the XIV or the XV century: only two survived, because they adopted a different religious rule. As
they were subjected to the bishop and tightly bound to founder’s family, nunneries
were able to live longer and two of them reached even the beginning of the XIX
century. This framework fi ts in the general development of the Italian Benedictine
monasticism, whose independence not only does not ensure its success but gave rise
to a spiritual and temporal decline of the monastic communities.
Scritte principalmente in Italia e databili agli anni ’80 del XIII secolo, le opere
del pubblicista renano Alessandro di Roes sono state per lo più interpretate come
l’espressione di una concezione ingenua e politicamente conservatrice, mirante a difendere
l’universalità e la germanicità dell’imperium. L’obiettivo di questo saggio è
quello di meglio contestualizzare tale apologia all’interno della più generale concezione
che Alessandro sviluppa dell’ordine del mondo voluto da Dio. Attraverso il ricorso
ad argomenti storico-leggendari e la determinazione di precisi criteri etnologici
e funzionali, il Roes delinea l’immagine di una cristianità retta da tre «principatus»
– il sacerdotium, il regnum, lo studium – affi dati rispettivamente da Dio ai romani-italiani,
ai tedeschi e ai francesi. Dalla loro azione concorde e dal reciproco rispetto
delle loro competenze dipendono le sorti della «res publica fi dei christiane», la Chiesa.
Nell’ottica di questo schema improntato alla complementarità, una Francia che
benefi ciasse di una nuova translatio imperii – eventualità, secondo Alessandro, da
molti auspicata – non lederebbe tanto le prerogative germaniche, quanto il «debitus
et necessarius ordo», nella cornice del quale ciascun popolo deve attenersi ai compiti
che gli sono stati assegnati sulla base della sua attitudine a svolgerli, pena il crollo
dell’intera «domus Dei». È di questa casa, più che di un impero tedesco, che Alessandro
di Roes si fa appassionato zelatore nei suoi testi.
The works of the German publicist Alexander of Roes – principally written
in Italy and all datable to the 1280s – have traditionally been considered by historians
as an ingenuous expression of political conservatism aimed at guarding the
universal and German character of the imperium. The purpose of this essay is to
contextualise this apology in Alexander’s wider view of the divinely willed order
of the world. Alexander outlines the picture of a Christendom ruled by three «principatus
» – sacerdotium, regnum, studium – assigned by God to Romans-Italians,
Germans and French respectively. The welfare of the «res publica fi dei christiane», the Church, depends on their concordant action and on the mutual respect of their
discrete functions. This pattern rests on complementarity, so if France gained the
imperium – an actual danger, according to Alexander – it would not damage the
German prerogatives, but rather the «debitus et necessarius ordo» in which every
people must keep to its peculiar mission. Alexander, then, is concerned with the
whole «domus Dei», not only with a part of it.
Dopo la conquista veneziana di Padova, 17 novembre 1405, il locale Capitolo
cattedrale piombò nel caos totale. L’offerta liturgica era ridotta, la cattedrale stessa
fatiscente, i poteri e i diritti del Capitolo compromessi e i canonici padovani furono
rimpiazzati entro il 1410 con canonici principalmente imposti dai conquistatori
veneziani. La condotta dei canonici non era ineccepibile, e il complesso e bilanciato
meccanismo di Capitolo e cattedrale subì un’involuzione che toccò il suo punto
più basso intorno al 1420-1430. In un periodo caratterizzato da eventi internazionali
quali i concili di Basilea, Ferrara e Firenze e da problemi locali quali l’esplosione
di congiure antiveneziane e l’infi erire della peste, il vescovo veneziano di Padova
Pietro Donà, d’intesa con i canonici e con il papa veneziano Eugenio IV Condulmer,
mise mano a una radicale riforma del Capitolo cattedrale di Padova. Queste innovazioni,
duramente discusse negli anni Trenta del secolo, confl uirono nel 1439 in
una bolla, sottoscritta da Eugenio IV, nota come Ex Apostolice. Essa rappresentò la
sintesi normativa di una laboriosa decade di riforme e la chiave istituzionale per un
“nuovo” Capitolo cattedrale. La meticolosa descrizione anatomica del Capitolo padovano
offerta dalla Ex apostolice rimarrà valida almeno sino al concilio di Trento e
darà stabilità al consesso canonicale nei secoli successivi. In Appendice è pubblicato
criticamente l’importante documento pontifi cio, sinora inedito.
After the Venetian conquest of Padua on 17 November 1405, the local cathedral
Chapter sank into total chaos. The liturgical celebrations were reduced, the cathedral
itself was crumbling, the chapter’s powers and rights were compromised, and the
Paduan canons were replaced by 1410 with canons imposed mainly by the Venetian
conquerors. The canons’ conduct was not unexceptionable and the complex balancing
mechanism of Chapter and cathedral experienced an involution which reached its
nadir only around 1420-1430. In a period marked by such international events as the
Council of Basel-Ferrara-Florence, by such local problems as the explosion of anti-
Venetian conspiracies and the spread of plague, Pietro Donà, the Venetian bishop of
Padua, in accord with the canons and with the Venetian pope Eugenius IV Condulmer,
tackled a wide-ranging reform of Padua’s cathedral Chapter. These innovations,
hardly discussed during the 1430’s, led already in 1439 to a bull undersigned by
Eugenius IV, known as Ex apostolice. It represented the normative synthesis of a laborious
reformist decade and the institutional key for a “new” cathedral Chapter. The
meticulous anatomical description of Paduan Chapter, provided by Ex apostolice,
will remain valid at least until the Council of Trent and will give stability to Padua’s
cathedral Chapter over the following centuries. The important pontifi cal document,
hitherto unpublished, is edited critically in Appendix.
Nel 1720, quando assunsero il controllo della Sardegna, i Savoia avviarono una
politica di sistematica occupazione dei posti di governo assegnati in gran parte ai loro
sudditi di Terraferma. Ciò si verifi cò anche nelle nomine vescovili, attraverso le quali
la corte di Torino cercò di consolidare il nuovo ordine venutosi a creare nell’isola.
Anche l’arcidiocesi di Oristano seguì questa logica e, a partire dalla metà del XVIII
secolo, tutti i suoi arcivescovi furono reclutati nelle fi la del clero subalpino o savoiardo.
Dalla maggior parte di questi presuli, nati e cresciuti in ambienti geografi camente
e culturalmente assai lontani da quelli nei quali furono inviati a svolgere l’uffi cio
episcopale, la guida della Chiesa di Oristano venne vissuta come un “esilio”, sia pur
“onorevole”, loro imposto dalla politica sabauda.
In 1720, when the House of Savoy assumed the control of Sardinia, it started a
politics of systematic occupation of the places of government that granted most of
the charges to their subjects from Piedmont. This also happened with reference to the
Episcopal appointments, through which the court of Turin tried to consolidate the
new order developed into the island. Also the archdiocese of Oristano followed this
logic and, from the half of the XVIII century, all of its archbishops were recruited in
the subalpine or Savoyard clergy. The greatest part of these prelates, born and grown
in environments geographically and culturally really distant from those in which they
had to carry out their Episcopal service, lived the guide of the Church of Oristano
as an “exile”, even though “honorable”; an exile that was imposed on them by the
Sabaudian politics.
Nel 1723 il clero della cattedrale del vicariato apostolico di Utrecht elesse un
vescovo e lo fece consacrare senza l’autorizzazione romana. Da quella data si susseguirono
una serie di brevi di condanna, ma anche di tentativi di accordo, documentati
dalle carte dell’archivio del Sant’Uffi zio. Nei pronunciamenti del Magistero non appare
però che quello utrettino fosse considerato uno “scisma” nel senso rigoroso del
termine. La rottura si consumò durante il periodo di Leone XIII, quando la Chiesa di
Utrecht si unì ai veterocattolici.
In 1723, the clergy of the cathedral of Utrecht’s apostolic vicariate elected and
consecrated a bishop without the authorization of Rome. Since that time, it followed
a series of sentencing papal Briefs, but also of attempts for an agreement, duly registered
by documents kept in the Holy Offi ce’s archives. In the papal pronouncements,
anyway, it doesn’t seem that Utrecht’s behaviour was considered rigorously a
“schism”. The fi nal break was consummated during the reign of Leo XIII, when the
Church of Utrecht joined the Old Catholic Church.
Nel corso degli anni 1848-1849 Antonio Rosmini-Serbati elaborò alcune idee
rilevanti sul ruolo del papato, al fi ne di favorire un nuovo assetto politico per l’Italia.
La sua teorizzazione fu stimolata dalle aspirazioni all’indipendenza ed all’unità nazionale
che il fi losofo espresse nel periodo tra il 1846 ed il 1849. Durante un periodo
piuttosto breve, dall’agosto all’ottobre 1848, Rosmini fece un’esperienza di trattative
diplomatiche uffi ciali ad altissimo livello, in Roma: egli poté affrontare vari problemi
relativi al papato universale, ed al ruolo del principato ecclesiastico nei confronti
delle aspirazioni degli italiani. Mediante un accordo tra gli Stati Rosmini sperava
di porre in atto in breve tempo una Confederazione italiana, con capitale in Roma,
gestita da una Giunta nazionale. Il papa sarebbe stato il presidente della Confederazione,
ma la Giunta avrebbe preso le decisioni per tutti gli Stati, anche relativamente
alla guerra per l’indipendenza nazionale, nel nome quindi e per conto del papa come
capo dello Stato pontifi cio. Con questo progetto, che cadde per molteplici motivazioni,
ma che rimase la prospettiva più realistica per il raggiungimento dell’unità presentata
in quel periodo, Rosmini intendeva preservare, trasformandolo radicalmente,
il potere temporale dei papi, rendendolo consono all’unifi cazione politica dell’Italia.
In 1848-1849, Antonio Rosmini-Serbati conceived some important ideas on
the role of the papacy, in order to promote a new political structure in Italy. His
theory was stimulated by the aspirations to independence and national unity that the
philoso pher expressed in the period between 1846 and 1849. During a rather short
period, since August till October 1848, Rosmini gained experience in offi cial diplomatic
negotiations at the highest level in Rome: he was able to address various issues
related to universal papacy, and to the role of the ecclesiastical principality towards
the aspirations of the Italians. Through an agreement between the States, Rosmini
hoped to realize in a short time an Italian Confederation, with Rome as its capital
city, managed by a “National Board”. The pope had to be the President of the Confederation,
but the Board would take the decisions for all the States, including with
regard to the war for national independence, so in the name and on behalf of the pope
as head of the Papal State. With this project, which, even if it fell for various reasons,
remained the most realistic prospect to achieve national unity proposed at that time,
Rosmini intended to preserve radically transforming the temporal power of popes,
radically transformed and made suitable for the political Italian unifi cation.
Hagiographies. Histoire internationale de la littérature hagiographique latine et vernaculaire en Occident des origines à 1550, sous la direction de G. Philippart, vol. V (P. Gatti) p. 573. – Le trésor au Moyen Âge. Discours, pratiques et objets, études réunies par L. Burkart - P. Cordez - P. Alain - Y. Potin (P. Silanos) p. 575. – RICABIM. Repertorio di Inventari e Cataloghi di Biblioteche Medievali dal secolo VI al 1520. Repertory of Inventories and Catalogues of Medieval Libraires from the VIth Century to 1520. I. Italia. Toscana, a cura di E. Somigli - G. Fiesoli (L. Mantelli) p. 581. – Les rouleaux des morts, a cura di J. Dufour (K. Toomaspoeg) p. 583. – M. Sensi, «Mulieres in Ecclesia». Storie di monache e bizzoche (G. Casagrande) p. 585. – I Cristiani e il favoloso Egitto. Una relazione dall’Oriente e la storia di Damietta di Oliviero da Colonia, a cura di G. Andenna - B. Bombi (K. Toomaspoeg) p. 590. – F. Guilloux, Saint François d’Assise et l’ange musicien. Thème et variations iconographiques dans les collections du Museo Francescano de Rome (C. Pasqualetti) p. 593. – V. Brancone, Il tesoro dei cardinali del Duecento. Inventari di libri e beni mobili, e V. Brancone, Le domus dei cardinali nella Roma del Duecento. Gioielli, mobili, libri (P. Silanos) p. 596 –. Le pergamene angioine della Mater Ecclesia Capuana (1270-1273), II, a cura di G. Bova (K. Toomaspoeg) p. 603. – R. Magistri, Patti. Chiese scomparse e chiese rurali (K. Toomaspoeg) p. 606. – L. Felici, Profezie di Riforma e idee di concordia religiosa. Visioni e speranze dell’esule piemontese Leonardo Sartori (J. Giusti) p. 608. – R. Cuvato, “La Parola fa la strada a Christo”. Le prediche inedite di Avvento di Mattia Bellintani da Salò (M. T. Girardi) p. 610. – A. Albuzzi, «Per compire l’apparato che suole farsi ogn’anno nel Duomo di Milano». I più tardi teleri sulla vita di san Carlo: dal progetto alla realizzazione (G. Archetti) p. 614. – Il modernismo in Italia e in Germania nel contesto europeo, a cura di M. Nicoletti - O. Weiss (D. Veneruso) p. 618. – S. Termanini, Chiesa e Impresa a Genova dal dopoguerra ai giorni nostri (G. B. Varnier) p. 622.